Il fatto è che, di notte e di giorno, cerco tesori. Eccone uno, ce l’ho in mano, è il libro di poesie di Iolanda Cuscunà, un libro con le trecce sciolte nell’aria. Qui le poesie si muovono come banchi di pesci liberi, irriverenti e pure tanto dolci.
Dalla prefazione di Giovanna Giordano
Un esordio che brucia come stille di lava, una poesia materica e sinuosa, grembo che accoglie senza giudicare e come grembo risale all’origine: radici, lingua, terra, sangue e solitudine e frastuono.
Nei versi liberi di Iolanda Cuscunà, come trasversali lame di luce riecheggiano, ben individuati da Cannizzo nella postfazione, gli apporti ritmici e immaginifici di Salvo Basso, Jolanda Insana e Fernando Pessoa che nutrono una voce pura e affilata, che taglia ma non recide, capace di raccontare l’amore spietato e la disillusa pietà di chi vive in una terra di giganti.
Per chi | Per chi cammina con in testa un vortice di parole lette, ascoltate, rubate; per chi ama che la realtà venga rappresentata da immagini e suggestioni sonore metropolitane; per chi si perde a osservare i passanti e si dimentica di aprire l’ombrello sotto la pioggia; per chi sente la contraddizione dell’appartenenza a una Terra che dimentica ed è dimenticata, e per chi risolve la sua vita con una battuta in dialetto.
Iolanda Cuscunà | Sono nata in un’assolata mattina d’agosto a Catania, rompendo le acque in maniera precipitosa, quasi con dispetto. Vivo da sempre in questa città di lava e di mare che, pur con tutte le sue contraddizioni, mi ha legata a sé e a cui guardo con un misto di amore e rabbia. Dopo una laurea in Filosofia ho scelto d’intraprendere il mestiere di libraia e così vivo circondata da un universo di carta. La poesia mi ha incontrata adolescente e da allora non mi ha più abbandonata. Leggo e scrivo.
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